Sindaci in Vaticano, Decaro: “Accoglienza si faccia istituzione e l’Italia non sia lasciata sola”
L'ANCI alla due giorni del summit sull’immigrazione organizzato in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze. Le proposte dei Sindaci
“L’accoglienza oggi non può più essere mera vocazione ma deve farsi istituzione e integrazione secondo i principi di responsabilità e di sostenibilità. Su questi due pilastri si realizza il sistema di accoglienza decentrato e diffuso Sprar. Purtroppo con l’acuirsi delle crisi e con flussi in continua crescita, i governi nazionali, a partire da quello italiano, hanno messo in campo procedimenti emergenziali che se, da un lato, hanno salvato migliaia di vite umane, dall’altro hanno bypassato il coinvolgimento delle comunità determinando disservizi sui territori che i sindaci continuano ancora oggi a gestire con fatica”. Così il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro (il discorso integrale), chiudendo la serie di interventi dei sindaci italiani intervenuti alla due giorni del summit sull’immigrazione organizzato in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Scienze (leggi la dichiarazione finale dei sindaci).
“I numeri del fenomeno migratorio a livello internazionale ed europeo, che abbiamo ascoltato in questi due giorni sono impressionanti – ha detto Decaro – ed è innegabile il ruolo centrale svolto dall'Italia che, geograficamente, è l’approdo privilegiato delle principali rotte dei flussi che attraversano il mediterraneo. Ovviamente l'impatto di questo fenomeno in tali dimensioni e proporzioni sulle comunità locali che amministriamo è inevitabile anche se non ingestibile”. “Li abbiamo definiti flussi migratori inarrestabili ma a me piace pensare invece che sia il diritto alla vita per se stessi e per i propri figli che si manifesta in milioni di gambe umane che si mettono in marcia verso un luogo dove sia assicurato quel diritto”.
Decaro ha poi ricordato l’esodo dall’Albania che ad inizio Anni Novanta coinvolse e impegnò duramente la sua città: “La mia è una di approdi e partenze. Per secoli è stata attraversata da popoli e culture differenti e ha scelto come santo patrono un santo dalla pelle scura. Da quello stesso mare 24 anni fa, nell’estate del 1991, arrivò la prima grande ondata migratoria sulle coste italiane. Non era un barcone. Era una nave. Era la Vlora. Erano ventimila. Ventimila uomini, donne e bambini albanesi in fuga dal paese più povero d’Europa, all’epoca, alla ricerca di una vita migliore, alla ricerca della dignità perduta. Ventimila. Ciononostante, la città non fece barricate, non costruì muri, non scese in piazza a protestare. I baresi, semplicemente, aprirono le porte ai loro fratelli in difficoltà. Le porte del cuore, e qualche volta, anche le porte di casa”.
il sindaco di Bari ha anche rimarcato una delle principali richieste dell’Associazione per migliorare la gestione dei migranti, vale a dire il “potenziamento delle commissioni territoriali di ascolto, organo deputato al riconoscimento dello status di rifugiati politici che hanno in attesa centinaia di persone “sospese” che troppe volte finiscono per trasformarsi in soggetti invisibili”. Inoltre “la rete dell’accoglienza deve essere diffusa, equa e soprattutto deve essere accompagnata da chi la propria comunità e il proprio territorio li vive ogni giorno. Su questa necessità, l’Anci ha avviato con il Governo italiano un’interlocuzione proficua per costruire una “rete di Comuni” che faccia sentire la propria voce a livello nazionale ed europeo sull’accoglienza sostenibile, sull’importanza di avviare azioni di integrazione che trasformino l’emergenza in inclusione sociale. Abbiamo davanti a noi un percorso lungo e delicato, che necessita di regole certe ma anche di uno sforzo collettivo che richiede il coinvolgimento di tutti, a partire dai cittadini.
Insomma il presidente Anci ha confermato che sindaci ci sono “L’Italia c’è stata e c’è ancora, c’è con i suoi volontari, c’è con i centri di prima accoglienza, c’è con gli uomini della guardia costiera che salvano decine di vite in mare ogni giorno, c’è soprattutto nei tanti gesti quotidiani di solidarietà che compiono i cittadini nei confronti di chi arriva nel nostro Paese. L’Italia c’è ed è pronta a fare la sua parte ma non può essere più da sola. Non possiamo essere più da soli, non possiamo essere gli unici a svolgere il ruolo di sentinelle del Mediterraneo che da culla di civiltà e culture si è trasformato in un cimitero liquido”.
“Per affrontare questo epocale fenomeno occorre un concorso d’azioni: agire nei Paesi di provenienza, creare corridoi umanitari per i richiedenti asilo, contrastare il traffico di esseri umani, rafforzare la legislazione e la cooperazione europea considerando le coste mediterranee dei Paesi Ue confini dell’Unione, cooperare con i Paesi più poveri del Continente africano. E rivedere Dublino”. Parole del sindaco di Catania e presidente del Consiglio Nazionale Anci, Enzo Bianco, che ha tenuto il suo discorso in apertura della sessione pomeridiana.
Il lavoro di squadra per Bianco deve essere fatto “partendo dal basso, dalle città, che devono essere coinvolte in un momento in cui bisogna avere tutti insieme il coraggio di affrontare questa crisi epocale con misure strutturali e con senso di solidarietà e responsabilità. Le comunità locali devono poter influire sulle regole con richieste di modifica fatte sulla base dell’esperienza maturata”.
Il presidente del Consiglio Nazionale Anci ha poi parlato del Manifesto dei sindaci italiani per l’accoglienza, firmato oggi durante i lavori del summit “Nel nostro Manifesto – ha spiegato Bianco – scriviamo che occorre dare risposte chiare e attente alle preoccupazioni dei cittadini, in termini di sicurezza, rispetto delle regole e reciprocità di diritti e doveri. Pensiamo che occorra organizzare l’accoglienza in modo equo e sostenibile attraverso i Comuni e secondo modalità diffuse, per piccoli numeri, proporzionati alla popolazione residente. Pensiamo che serva porre il rispetto della legalità a fondamento dell’integrazione e dare priorità alla conoscenza della lingua del Paese ospitante. Pensiamo bisogni anche garantire alle persone accolte, quando la situazione lo renderà possibile, un sostegno per la loro reintegrazione nei luoghi di origine”.
Per “rispondere alla sfida epocale che la protezione dei richiedenti asilo e le migrazioni ci pongono – ha aggiunto il sindaco di Catania -, occorrono scelte amministrative concrete condivise con la cittadinanza, perché si possa dare ciascuno secondo le proprie possibilità e secondo giustizia. dell’ansia, del timore di perdere ulteriore benessere, serenità, dignità, figlio della sensazione diffusa di minaccia per rischi sempre nuovi e diversi”.
Ma l’accoglienza, non solo in Italia deve fare i conti con sempre più frequenti momenti di tensione tra popolazione e migranti. “In questi momenti – ha rimarcato Bianco – c’è sempre chi cerca di approfittare della situazione per mutare alcuni gruppi di persone in capri espiatori, costruendo un pregiudizio e scaricando su di loro l’ansia della società, facendoli odiare. La storia del mondo offre molti esempi di questa tecnica perversa”.
Nonostante tutto ciò per il sindaco di Catania “bisogna comprendere che, pur ponendo sfide e problemi, l’immigrazione va vista come una grande opportunità per l’Europa. Secondo i dati in nostro possesso occorrerebbero 42 milioni di nuovi europei entro il 2020, mentre i nostri Paesi, anche quelli che sognano muri, sono afflitti da cali demografici e invecchiamento della popolazione. La verità, insomma, è che occorre smettere di essere uomini vuoti, cacciar via le ansie e le paure, bandire i fomentatori d’odio”. Leggi gli interventi dei sindaci italiani intervenuti.