QUASI 60 MILIONI DI PERSONE IN FUGA NEL MONDO
La drammatica crescita dei migranti forzati è diretta conseguenza dei conflitti
Le migrazioni forzate su scala mondiale provocate da guerre, conflitti e persecuzioni hanno raggiunto nel 2014 i massimi livelli registrati sinora e i numeri sono in rapida crescita. Alla fine dello scorso anno si registravano 59,5milioni di migranti forzati, mentre un anno prima erano 51,2 milioni e 10 anni fa 37,5milioni. L'incremento rispetto al 2013 è stato il più alto mai registrato in un solo anno. A determinare l’aumento del numero di migranti forzati è stata la guerra in Siria, diventata la principale causa di migrazione forzata a livello mondiale.
I dati emergono dal Rapporto annuale Global Trends dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Unhcr. Secondo lo studio, lo scorso anno ogni giorno 42.500 persone in media sono diventate rifugiati, richiedenti asilo o sfollati interni. In tutto il mondo, una persona ogni 122 è attualmente un rifugiato, uno sfollato interno o un richiedente asilo. Il rapporto afferma inoltre che se i 59,5 migranti forzati nel mondo componessero una nazione, sarebbe la ventiquattresima al mondo per numero di abitanti.
Un altro dato allarmante dell’ultimo rapporto Unhcr riguarda i bambini diventati migranti forzati: nel solo 2014 ci sono stati 13.900.000 nuovi migranti forzati bambini, quattro volte il numero del 2010. Non solo: più della metà dei rifugiati a livello mondiale sono bambini.
Lo studio dell'Unhcr parla anche dei conflitti in corso nel mondo, che hanno come conseguenza la crescita del numero di rifugiati; persone che per cercare sicurezza intraprendono pericolosi viaggi in mare, nel Mediterraneo, nel Golfo di Aden e nel Mar Rosso, oltre che nel sud-est asiatico.
Negli ultimi cinque anni, afferma l'Agenzia Onu per i rifugiati, sono scoppiati o si sono riattivati almeno quindici conflitti: otto in Africa (Costa d'Avorio, Repubblica Centrafricana, Libia, Mali, nord-est della Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Sud Sudan e quest'anno Burundi), tre in Medio Oriente (Siria, Iraq e Yemen), uno in Europa (Ucraina) e tre in Asia (Kirghizistan e diverse aree del Myanmar e del Pakistan). Solo poche di queste crisi possono dirsi risolte e la maggior parte di esse continuano a generare nuovi esodi forzati.
Nel frattempo, durano da decenni le condizioni di instabilità e conflitto in Afghanistan, Somalia e in altri paesi. Nel 2014 solamente 126.800 rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro paesi d'origine, il numero più basso in 31 anni.
Europa (+51% di migranti forzati nel 2014)
Il conflitto in Ucraina, i 219.000 attraversamenti del Mediterraneo e la consistente presenza di rifugiati siriani in Turchia – che ha portato la Turchia a diventare nel 2014 il principale paese di accoglienza di rifugiati al mondo, con 1,59 milioni di siriani presenti alla fine dell'anno – hanno attirato l’attenzione del pubblico, sia in termini positivi che negativi, sulle questioni relative ai rifugiati. Nell'Unione Europea, i paesi che hanno ricevuto il maggior numero di domande di asilo sono stati la Germania e la Svezia. Nel complesso, a fine 2014 il numero di migranti forzati in Europa ha raggiunto quota 6,7 milioni, rispetto ai 4,4 milioni alla fine del 2013.
Focus Italia
L'Italia nel 2014 è stato il settimo Paese al mondo oggetto di richieste di protezione internazionale. Il numero di nuove domande di asilo (63.700) registrato in Italia nel 2014 rappresenta il picco più alto mai registrato, con un incremento del 148% rispetto al 2013. Il Mali è stato il primo Paese di origine dei richiedenti asilo in Italia (9.800 casi), seguito da Nigeria (9.700), Gambia (8500) e Pakistan (7.100).
Medio Oriente e Nord Africa (+19%)
L’intensa sofferenza provocata dalla guerra di Siria, con 7,6 milioni di sfollati interni e 3.880.000 rifugiati nella regione circostante e non solo, ha reso il Medio Oriente l’area geografica da cui ha origine e che allo stesso tempo ospita il maggior numero di migranti forzati nel mondo. Accanto all’allarmante crisi siriana, va considerato il nuovo esodo interno di almeno 2,6 milioni di persone in Iraq, che ha portato a 3,6 milioni il totale di sfollati interni alla fine del 2014, cui vanno a sommarsi 309.000 nuovi rifugiati in Libia.
Africa sub-sahariana (+17%)
Complessivamente, nell'Africa sub-sahariana si sono contati 3,7 milioni di rifugiati e 11,4 milioni di sfollati interni, 4,5 milioni dei quali nuovi sfollati nel 2014. L’incremento complessivo del 17% è stato calcolato escludendo la Nigeria, considerata come anomalia dal punto di vista statistico, dal momento che nel corso del 2014 è cambiata la metodologia per il conteggio degli sfollati interni. L'Etiopia ha sostituito il Kenya come più grande paese di accoglienza di rifugiati in Africa, classificandosi come quinto a livello mondiale.
Asia (+31%)
Il numero di rifugiati e sfollati interni in Asia è cresciuto del 31% nel 2014, raggiungendo la cifra di 9 milioni di persone. L’Afghanistan, in precedenza il principale paese al mondo di provenienza dei rifugiati, ha ceduto il triste primato alla Siria. Nel 2014 si è anche assistito a continue migrazioni forzate in e dal Myanmar, compresi i Rohingya in fuga dallo stato di Rakhine e nelle regioni di Kachin e di Northern Shan. L’Iran e il Pakistan continuano ad essere due tra i primi quattro paesi che accolgono rifugiati a livello mondiale.
Americhe (+12%)
Anche nelle Americhe si è assistito a un incremento delle migrazioni forzate. Nel corso dell'anno il numero di rifugiati colombiani è sceso da 360.300 a 36.300, anche se ciò è avvenuto principalmente a causa di una revisione del numero di rifugiati segnalati dal Venezuela. La Colombia ha continuato, tuttavia, ad avere una delle più grandi popolazioni di sfollati interni del mondo, stimata in circa 6 milioni di persone, con 137.000 nuovi sfollati interni colombiani durante l'anno. L’aumento del numero di persone in fuga dalla violenza delle bande o da altre forme di persecuzione in America centrale ha anche provocato un incremento di 36.800 unità (pari al 44%) nelle domande d'asilo presentate negli Stati Uniti rispetto al 2013.